Risvolti delle riforme del sistema educazionale rumeno sugli stili di apprendimento
Implications of the reforms in the Romanian educational system for learning styles
RESUMEN
Questo commento analizza il contributo con il titolo “Perception of educational culture and learning styles in language learning: the Romanian case” di Isabel Morera Bañas e Kris Buyse. L’articolo propone due linee di ricerca: l’identificazione dei condizionamenti culturali negli stili di apprendimento dei rumeni che imparano lo spagnolo nelle scuole di lingua sul territorio della Spagna alla quale si aggiunge una dimensione contrastiva che vuole mettere in risalto le differenze tra gli stili di apprendimento dei rumeni integrati nel sistema scolastico comunista e quelli scolarizzati nel periodo postcomunista. Il commento porta sull’utilità dello studio di Morera e Buyse nella didattica incentrata sull’apprendente e propone qualche suggerimento per quanto riguarda l’analisi di una categoria intermedia di apprendenti, ossia di coloro che seguirono gran parte del percorso accademico nell’intervallo 1990-2000, un periodo di transizione per quanto riguarda il sistema d’insegnamento rumeno.
Palabras clave: stili di apprendimento, categorie culturali, regime comunista in Romania, attivisti, riflessivi
ABSTRACT
This comment analyses the article “Perception of educational culture and learning styles in language learning: the Romanian case” written by Isabel Morera Bañas and Kris Buyse. The article offers two guidelines in the research: the identification of the cultural influx in learning styles found in Romanian respondents studying Spanish in language centres in Spain to which is added a contrastive dimension that aims to underline the differences between learning styles manifested by Romanians integrated in the communist school system and those taught mostly in the post-communist era. The comment emphasizes the utility of the article for the student-centered teaching and discusses a suggestion for the study of an intermediate category of learners, meaning those that had their academic instruction mostly between 1990 and 2000, a transition period for the Romanian educational system.
Keywords: learning styles, cultural categories, communist regime in Romania, activists, reflectors
Fecha de recepción: 2/08/2016
Fecha de aprobación: 21/09/2016
Dopo una breve introduzione che riassume ed esemplifica i risvolti che la cultura educazione può avere sugli stili di apprendimento in qualsiasi processo didattico, gli autori enunciano il quesito che sta alla base del loro studio, ossia:
La presentazione del quadro teorico offre una ricca rassegna degli studi sulla teoria delle dimensioni culturali e sugli stili di apprendimento, con particolare attenzione per gli sviluppi recenti che mettono in risalto il condizionamento culturale sulle preferenze negli stili di apprendimento.
Gli autori fanno riferimento a vari studi svolti in Australia, Hong Kong e Taiwan adoperando il Repertorio degli Stili di Apprendimento (Learning Style Inventory) di Kolb (1985), che spiegano le variazioni negli stili di apprendimento attraverso le differenze culturali esistenti fra i tre paesi soprammenzionati.
Con l’intento di rendere il quadro teorico più completo, gli autori presentano le poche differenze terminologiche tra il repertorio di Kolb e il questionario proposto da Honey e Mumford, chiamato Learning Styles Questionnaire. Honey e Mumford (2000) affermano l’importanza del contesto e dell’esperienza nella selezione dei modelli di apprendimento – la sperimentazione attiva, l’osservazione e la riflessione, la concettualizzazione astratta e l’esperienza concreta –, con la possibilità dell’apprendente di adattarsi al modello più appropriato alla situazione. Sulla base di quest’ultimo questionario si sviluppa il Cuestionario Honey Alonso de Estilos de Aprendizaje (CHAEA) (Alonso & Gallego, 2006), adoperato perlopiù nello studio degli stili di apprendimento di rispondenti che presentano elementi di diversità per quanto riguarda il livello di istruzione e la specialità. Morera e Buyse invece propongono l’utilizzo della traduzione rumena del CHAEA per individuare l’eventuale rapporto deterministico tra identità culturale e stili di apprendimento.
I due studiosi abbinano al CHAEA il Cuestionario de Cultura Educativa (CCE) (Morera, 2010), che ha come scopo dichiarato la quantificazione dei comportamenti culturali specifici nel contesto educazionale, con una tabella riassuntiva delle direzioni più importanti inquadrate nelle cinque dimensioni proposte da Hofstede (1986).
I dati dello studio sono stati ricavati amministrando direttamente o per via elettronica i due questionari tradotti in rumeno (il CHAEA per misurare la cultura educazionale e il CCE per misurare gli stili di apprendimento) a 189 rispondenti selezionati fra gli studenti rumeni di lingua spagnola di 14 centri d’insegnamento dello spagnolo per adulti attivi in diverse città spagnole. Per poter individuare le differenze tra gli stili di apprendimento specifici dei periodi comunista e postcomunista, la selezione dei gruppi viene fatta in base all’anno della nascita, con il 1980 come barriera; visto che il sistema d’insegnamento rumeno prevede l’età di scolarizzazione di sei o di sette anni, i rispondenti nati dopo il 1980 sono stati scolarizzati per gran parte dopo la rivoluzione del 1989.
Dopo un accurato trattamento statistico, i due autori presentano i risultati classificati seguendo due direzioni:
- le differenze generali fra gli stili di apprendimento dominanti prima e dopo il 1990;
- la relazione tra cultura educazionale e stili di apprendimento.
Per quanto riguarda gli stili di apprendimento, lo studio mostra una diminuzione nel periodo post rivoluzionario dei riflessivi e dei teorici, con percentuali di diminuzione quasi uguali, alla quale si abbina il raddoppiamento del numero degli attivisti. I due autori ipotizzano un cambiamento del paradigma educazionale, che dopo il 1990 valorizza di più la partecipazione attiva dell’apprendente al processo d’insegnamento.
Fra le possibili cause dell’aumento degli attivisti correlato alla diminuzione dei riflessivi e dei teorici sarebbero da menzionare anche la riduzione delle modalità coercitive utilizzate dagli insegnanti e la valutazione positiva dell’atto di rispondere, a prescindere dalla correttezza della risposta. Sebbene l’errore venga ancora penalizzato in contesti di esaminazione, esso non è più rigidamente penalizzabile nei contesti di apprendimento, ciò che permette all’attivista di sviluppare la sua propensione per le modalità esperienziali, senza temere le conseguenze negative degli eventuali errori, come d’altronde viene menzionato dagli autori nella successiva analisi dei parametri.
L’analisi statistica che indaga le variazioni di parametri come la riflessione e la presa di parola durante le lezioni all’interno della categoria di apprendenti che prediligono un determinato stile di apprendimento mette in relazione i cambiamenti postcomunisti con le variazioni nei numeri precedentemente presentati per gli stili di apprendimento. Pertanto la diminuzione dell’autorità dell’insegnante e la valorizzazione della modalità di espressione orale sembrano spiegazioni plausibili per l’aumento nel numero degli attivisti, nonché per il calo nel numero dei riflessivi e dei teorici.
All’analisi secondo gli stili di apprendimento segue l’analisi che vede il raggruppamento dei parametri inclusi nel CCE secondo alcune dimensioni delle categorie culturali come collettivismo vs. individualismo, maschilità vs. femminilità o la distanza del potere.
Riallacciandosi a quanto scritto da Misco (2008), gli autori affermano che:
Questa posizione andrebbe tuttavia sfumata in quanto si riferisce piuttosto alle scienze umaniste insegnate durante il periodo comunista, mentre le scienze esatte si caratterizzavano, al contrario, per l’insistenza sulle applicazioni e sullo sviluppo della capacità di risolvere una quantità e una varietà di problemi spesso impressionante.
Inoltre, il collettivismo nel sistema educativo rumeno durante il periodo comunista non è interamente paragonabile al collettivismo menzionato nel caso degli apprendenti giapponesi. L’insegnamento rumeno comunista valorizzava fortemente i risultati individuali; le eccellenze erano molto pregiate e nella fascia degli alunni con preparazione e capacità cognitive superiori alla media lo spirito competitivo era molto sviluppato, il che portava a una naturale segregazione. Congrua al sistema giapponese era invece la grande distanza del potere fra insegnante e alunni; in genere, era proprio l’insegnante a mettere in risalto i meriti degli alunni con risultati eccezionali, consolidandone in tal modo la posizione privilegiata nel gruppo. Conseguentemente, gli alunni con risultati medi e scarsi non erano incoraggiati ad avere iniziative e prediligevano uno stile d’insegnamento riflessivo. Riassumendo, la causa per la scarsa iniziativa dell’alunno rumeno durante il periodo comunista sarebbe da collegare piuttosto ad un senso d’inferiorità più o meno giustificato che al desiderio di non farsi notare come elemento discordante del gruppo. Sarebbero quindi da analizzare il percorso e i risultati accademici dei rispondenti per ottenere dati più precisi sulle cause della scelta fra collettivismo e individualismo
Un’osservazione molto pertinente porta sulla coesistenza dopo il 1990 della strategia d’insegnamento incentrata sulla quantità e sui particolari da una parte e dall’insegnamento che predilige l’approccio interdisciplinare per generare un sistema di pensiero globale. Infatti, sarebbe da notare che, al di là di alcuni ritocchi adoperati soprattutto nei manuali di letteratura e di storia con l’intento di eliminare i testi prettamente propagandistici, i libri di testo continuano ad essere ristampati su modelli preesistenti. Il cambiamento del curriculum non è immediato e la vera riforma si produce appena nel triennio 1997-2000, con l’avvento dei manuali “alternativi”, che mettono l’insegnante davanti a una diversità di metodi, appunto per offrire flessibilità e possibilità di adattarsi alle diverse necessità degli alunni, essendo questo uno degli scopi principali dichiarati nel disegno di riforma (Guvernul României - Ministerul Educației și cercetării 2003: 10). Ovviamente, le nuove strategie didattiche orientate verso l’apprendimento attivo trovano spazio anche prima dell’uso dei manuali alternativi, ma l’approccio interdisciplinare non è preponderante e le applicazioni che corredano i vari testi sono raramente incentrate sul metodo sperimentale. Pertanto sarebbe forse utile studiare le correlazioni fra stili di apprendimento e parametri culturali di una sottocategoria intermedia che comprenda gli apprendenti scolarizzati nell’intervallo 1989-2000 per vedere se i risultati si avvicinano di più alle tendenze notate per il periodo comunista.
In un contesto diverso, ossia nell’insegnamento delle lingue straniere ad adulti a Bucarest, si nota l’importanza decisiva nell’apprendimento di fattori come la durata, il tipo e la qualità del percorso accademico anteriore e le eventuali esperienze precedenti nell’apprendimento di un’altra lingua straniera. Sarebbe forse interessante un confronto tra i gruppi di apprendenti di spagnolo in Romania e quelli che si trovano in un contesto di tipo full immersion.
Ovviamente, le osservazioni e i suggerimenti soprammenzionati sono da considerare per ricerche future e nulla tolgono alla qualità eccezionale dello studio di Isabel Morera Bañas e Kris Buyse che, attraverso l’accurata analisi dei dati ricavati, realizza la descrizione della correlazione fra il cambiamento di regime e la cultura educativa riflessa negli stili di apprendimento, offrendo così la possibilità di elaborare strategie di insegnamento adattate al tipo di apprendenti con l’intento di rendere più efficace il processo didattico.
Alonso, C. M., & Gallego, D. J. (2006). CHAEA Estilos de aprendizaje. http://www.estilosdeaprendizaje.es/menuprinc2.htm
Guvernul României - Ministerul Educației și cercetării (2003). Reforma învățământului obligatoriu din România. Document de lucru. http://gov.ro/fisiere/programe_fisiere/030418-reforma-invat.pdf
Hofstede, G. (1986). Cultural differences in teaching and learning. International Journal of Intercultural Relations, 10 (3): 301-320.
Honey, P., Mumford, A. (2000). The learning styles helper's guide. Maidenhead: Peter Honey Publications.
Kolb, D. A. (1985, 1999). Learning Style Inventory. Boston: Hay Group.
Morera, I. (2010). Cultura y estilos de aprendizaje. Yo soy yo y mis circunstancias culturales. In F. Villalba & J. Villatori (Eds.), Educación intercultural y enseñanza de lenguas, vol II. Actas del primer Congreso en la red sobre Interculturalidad y educación. https://app.box.com/shared/ccc5sq207m
Misco, T. (2008). We did also save people: A study of Holocaust education in Romania after decades of historical silence. Theory and Research in Social Education, 36 (2): 61-94.